Itinerari suggeriti


NELLA MERAVIGLIA DEL PONTERANICA
Quota minima: 1790 m (partenza 1830 m)
Quota massima: 2378 m
Dislivello complessivo: circa 650 m
Lunghezza: circa 9 km
Durata: 7-8 h
Difficoltà: escursionismo facile (tratto su sentiero) - escursionismo per esperti (fuori sentiero)




Pur se tra i minori della dorsale orobica, quello del Ponteranica è un gruppo montuoso di tutto rispetto, ad un tempo austero ma accessibile, che rivela ambienti suggestivi, panorami amplissimi e una flora varia, ricca sia di specie che di belle fioriture.

Il suo versante meridionale si presenta come una bastionata monotona e quasi repulsiva, che non  offre spunti per la salita; la sua natura autentica si coglie meglio dal versante orientale, più articolato e attraente, quello che si offre allo sguardo dal rifugio Cà San Marco, il punto ideale per iniziare l’escursione.

Lasciata l’auto nell’ampio piazzale antistante il rifugio (1830 m), in prossimità dei tralicci dell’alta tensione si imbocca il sentiero CAI 161 per il Passo del Verrobbio, ben visibile in lontananza alla testata della Val Mora.

Si procede in lieve discesa attraversando alcuni ruscelli e, verso la quota 1790, si lascia a sinistra il sentiero 101 delle Orobie Occidentali, che condivide il tratto iniziale del tracciato, quindi si riprende a salire, dapprima in modo impercettibile, sempre con bella vista sul bacino artificiale di Val Mora, i pascoli dell’Alpe Cul e il pianoro torboso dell’Acqua Nera; intanto la mole del Ponteranica inizia a definirsi, con la cima del Colombarolo che si innalza a dominare una serie di balze rocciose, mentre in lontananza si delineano altre cime un po’ più ardite, fra le quali si fatica ancora a distinguere quella principale.

Il sentiero continua in lieve salita, contornando la testata della Val Mora sul versante meridionale del Cimetto (2099 m), affiancando per un tratto le rocce; attraversa alcuni canaloni solitamente ricchi d’acqua e infine si innalza in modo più deciso, affrontando la salita finale con pochi tornanti un po’ ripidi; superata una minuscola baita ristrutturata posta sotto i ruderi di una casermetta, in breve raggiunge il Passo del Verrobbio (2026 m), larga sella dove permangono consistenti resti delle fortificazioni della Linea Cadorna, realizzata negli anni 1916-17: a destra, verso il Monte Verrobbio (2139 m), dalle finestre di osservazione ricavate in una parete rocciosa si ha una bella vista sulla solitaria Val di Bomino, mentre a sinistra si distendono i camminamenti in trincea, con una linea principale preceduta da alcuni corpi avanzati.

A questo punto si abbandona il sentiero 161 (che si abbassa ad un piccolo lago, taglia il versante sinistro della Val di Bomino fino allo stretto intaglio del Forcellino e poi continua per il Lago di Pescegallo e il Passo Salmurano) e, restando sul crinale a sinistra delle trincee, si risale un’ampia distesa ondulata cosparsa di piccoli laghi dalla vita più o meno effimera, nascosti tra i dossi lisciati dall’antico ghiacciaio; la vista si allarga a dismisura sul Passo e sul Monte Verrobbio, mentre diviene sempre più chiara la visione del nucleo centrale del Ponteranica, che consiste in un amplissimo vallone culminante in una cima bifida, a destra della quale si diparte una cresta rocciosa alquanto accidentata che si conclude con la piccola piramide del Pizzo della Nebbia, mentre a sinistra una dorsale meno aspra si distende fino al Colombarolo, verso il quale occorre dirigersi.

Non esiste un vero e proprio sentiero, anche se a tratti pare di scorgerlo; la direzione di salita è indicata da una serie di omini, non sempre in buone condizioni, ma con un minimo intuito è facile individuare il percorso più agevole, che risale il pendio ora su lembi di pascolo ora su bancate rocciose inclinate, tra piccoli avvallamenti torbosi, dossi montonati e grandi blocchi di roccia; si guadagna quota senza provare fatica, perché tutta l’attenzione é catturata dalla bellezza del paesaggio e delle fioriture, nonché al panorama sempre più vasto che si dischiude alla vista.

Gradualmente il versante si impenna e, superato l’ultimo tratto più ripido, si sbuca infine sul crinale, in corrispondenza di una selletta a destra della cima del Colombarolo (2309 m), vicinissima e raggiungibile senza alcuno sforzo con una salita di pochi metri; da lì si domina tutto il percorso effettuato e si osserva interamente la lunga cresta da seguire fino al Ponteranica, che appare ormai a portata di mano.

Tornati alla selletta, si inizia a risalire il crinale, avendo sulla sinistra un pendio erboso e sul lato opposto pareti rocciose ora ripide ora inclinate, spezzate da numerosi canalini detritici; si percorre una sentiero abbastanza evidente, che di tanto in tanto si appoggia sul versante meridionale per aggirare qualche passaggio un po’ più impervio e, senza particolari difficoltà, godendo di una vista sempre bellissima e vincendo un dislivello modesto, in circa mezzora si raggiunge la cima orientale (2378 m), la maggiore del Ponteranica, che appare suddivisa in  tre cuspidi.

Quella raggiunta dal sentiero è la cima più accessibile, ma quella vera e propria, forse un metro più alta, è appena più discosta, consistente in un grande poliedro di roccia su cui occorre arrampicarsi; meglio non rischiare!

La vista è grandiosa in ogni direzione, estesa a gran parte delle Orobie e a un buon tratto delle Retiche; fra le nostre montagne risaltano il Pizzo dei Tre Signori, il Fioraro, il Cadelle, il Pizzo del Diavolo e l’Arera, mentre oltre il profondo solco della Valtellina spiccano il Cengalo, il Badile, il Disgrazia, il gruppo del Bernina e, lontanissimo, il Pizzo Scalino. Verso ovest, a breve distanza si innalza la piramide del Valletto, mentre a sud si riconoscono i Laghi di Ponteranica e il Monte Triomen.

E’ possibile continuare lungo la cresta e salire in sequenza le cime centrale (2350 m ca) e occidentale (2370 m ca), per poi scendere ai laghi e tornare al rifugio Cà San Marco percorrendo tutta la Val Ponteranica; si tratta però di un percorso piuttosto lungo, che riserva un paio di passaggi in cresta un po’ emozionanti per l’escursionista poco esperto, per cui, per il ritorno, si suggerisce un itinerario meno impegnativo.

Dalla cima si ridiscende per pochi metri lungo il sentiero seguito in precedenza e subito si piega a sinistra, per infilarsi nella larga spaccatura a lato della cima vera e propria, occupata da grandi blocchi rocciosi fra i quali la neve persiste anche a stagione avanzata; non c’è alcun pericolo, ma occorre un po’ di attenzione nel passare da un masso all’altro.  Si scende per circa un centinaio di metri, nel frattempo ammirando il Lago di Pescegallo e una cima senza nome (q. 2304) che pare un panettone tagliato verticalmente a metà, con il versante settentrionale precipite; in breve si raggiunge un pianoro erboso dove compare una traccia che, con una brusca svolta e lungo il solo passaggio facilmente praticabile, si abbassa nel grande vallone del Ponteranica correndo alla base di una parete rocciosa.

Giunti ad un piccolo circo glaciale  (2200 m ca) la traccia sparisce, ma da qui in poi non c’è alcuna difficoltà ad orientarsi nella discesa, che si svolge in un ambiente solitario e suggestivo, ricco di zone umide, fasce detritiche, rocce montonate e pascoli cosparsi di grandi massi; l’acqua che alimenta una miriade di piccoli ruscelli si raccoglie in un torrentello e seguendolo si arriva infine al piccolo Lago del Verrobbio (2000 m), poco sotto il passo omonimo; qui transita il sentiero 161, che con una breve salita raggiunge il passo per poi dirigersi alla  Cà San Marco.

Lungo il percorso si susseguono varie formazioni rocciose; le Filladi di Ambria e gli Scisti di Edolo prevalgono tra la Cà San Marco e il Passo del Verrobbio, mentre da qui alla cima si incontrano il Verrucano Lombardo e il Conglomerato del Ponteranica, che domina incontrastato alle quote più elevate. Sono tutte rocce silicee, che trattengono l’acqua in superficie perché impermeabili e danno origine a substrati acidi, idonei ad ospitare la più tipica flora calcifuga, che ben si esprime anche grazie alla notevole varietà di habitat: rocce, detriti, arbusteti, praterie, vallette nivali e piccole torbiere.

Il gioiello floristico del Ponteranica è l’androsace orobia (Androsace brevis), specie gravitante intorno all’alto Lario, con areale limitato al settore occidentale delle Orobie ed a ristrette porzioni delle Lepontine e delle Retiche. Cresce in ambiente di cresta e fiorisce assai precocemente; la si  può osservare tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, soprattutto lungo il primo tratto del crinale tra il Colombarolo e il Ponteranica, dove è discretamente presente. Tuttavia occorre considerare che,  a quell’epoca, il versante da risalire può essere ancora abbondantemente innevato e, pur in assenza di reale pericolo, è necessaria una discreta dimestichezza con la montagna, senza la quale è opportuno l’accompagnamento di un esperto; in ogni caso non è possibile effettuare integralmente l’escursione sopra descritta (pur potendo raggiungere facilmente la cima, dato che il crinale si presenta sgombro dalla neve) e occorre prevedere il ritorno per la via precedentemente seguita.

Per ammirare il maggior numero di fioriture, il periodo più indicato va dalla metà di giugno a quella di luglio; di seguito si riporta, per ogni tratto del percorso, l’elenco delle specie osservabili.

Da Cà San Marco al Passo del Verrobbio

Aconitum napellus, Alnus alnobetula, Allium victorialis (pochi esemplari presso i ruderi della casermetta prima dedel passo), Androsace vandellii (numerosa dove il sentiero accosta le rocce), Antennaria dioica, Arnica montana, Astrantia minor, Betonica hirsuta, Bupleurum stellatum, Calluna vulgaris, Campanula barbata, C. scheuchzeri, Carduus defloratus subsp. tridentinus, Carex sempervirens, Dactylorhiza fuchsii, Carlina acaulis, Centaurea nervosa, Cirsium palustre, C. spinosissimum, Crepis aurea, C. paludosa, Crocus albiflorus, Daphne mezereum, D. striata, Deschampsia caespitosa, Epilobium alsinifolium, Erica carnea, Euphrasia minima, Festuca scabriculmis subsp. luedii, Gentiana acaulis, Geum montanum, Gymnadenia conopsea, Huperzia selago, Hypericum maculatum, H. richeri, Hypochoeris uniflora, Juncus alpinoarticulatus subsp. alpinoarticulatus,, Laserpitium halleri, Leontodon helveticus, Leucanthemopsis alpina (sul passo, presso le finestre di osservazione), Leucanthemum heterophyllum, Lilium bulbiferum subsp. croceum, L. martagon, (entrambi con esemplari magnifici per dimensioni e intensità dei colori!) Linaria alpina, Luzula alpino-pilosa. L. lutea, Molinia coerulea, Molopospermum peloponnesiacum, Nardus stricta, Paradisea liliastrum (copioso, forma macchie davvero notevoli), Parnassia palustris, Pedicularis tuberosa, Persicaria vivipara, Peucedanum ostruthium, Phleum alpinum, Phyteuma betonicifolium, Pinguicula alpina, Pinus mugo, Platanthera bifolia, Polygala alpestris, P. chamaebuxus, Potentilla aurea, Primula hirsuta, Pseudorchis albida, Pulsatilla alpina subsp. apiifolia, Rhododendron ferrugineum, Rubus idaeus, Saxifraga cotyledon (nel tratto iniziale del sentiero), S. paniculata, S. stellaris, Schlagintweitia intybacea, Silene rupestris, Solidago virgaurea, Sorbus chamaemespilus, Trifolium alpinum, Trollius europaeus, Vaccinium gaultherioides, V. myrtillus, Veronica fruticans, V. officinalis, Viola biflora.

Dal Passo del Verrobbio al Colombarolo

Anemonastrum narcissiflorum, Bartsia alpina, Carex curvula, Cerastium cerastioides, Diphasium alpinum (bisogna cercarlo fra i rododendri e i mirtilli), Doronicum grandiflorum, Erigeron uniflorus, Gentiana acaulis, G. purpurea, Gnaphalium supinum (nelle vallette nivali), Huperzia selago, Leucanthemopsis alpina, Leontodon helveticus, Lloydia serotina, Lycopodium annotinum, Myosotis alpestris, Pedicularis kerneri, Pedicularis rostrato-spicata (rarissima), Phyteuma hemisphaericum, Primula hirsuta, P. latifolia (sui macereti verso il crinale, copiosa), Pulsatilla alpina subsp. apiifolia, Rhododendron ferrugineum, Salix herbacea, S. retusa, Saxifraga seguieri, Senecio incanus, Sibbaldia procumbens, Silene acaulis, Soldanella pusilla, Trichophorum cespitosum, Trifolium alpinum, Veratrum album subsp. lobelianum, Veronica alpina.

Dal Colombarolo alla cima orientale del Ponteranica

Androsace brevis, A. vandellii, Artemisia umbelliformis, Aster alpinus, Bupleurum stellatum, Carex sempervirens, Chenopodium bonus-henricus (portato dalle pecore, che pascolano anche la cima!), Draba aizoides, Erigeron uniflorus, Eritrichium nanum (verso la cima, copiosissimo su una grande parete rocciosa), Festuca scabriculmis subsp. luedii, Gentiana acaulis, G. brachyphylla, Gentianella ramosa, Hieracium alpinum, Kalmia procumbens, Leontodon helveticus, Leontopodium alpinum (raro, una delle poche specie calcofile presenti), Loydia serotina, Leucanthmopsis alpina, Minuartia gerardii, M. rupestris, M. sedoides, Pedicularis kerneri, Phyteuma hedraianthifolium, Potentilla nitida (rara, nella parte sommitale), Primula hirsuta. P. latifolia, Pulsatille vernalis, Rhamnus pumila (rarissimo, proprio sotto la cima), Saussurea discolor, Saxifraga bryoides, S. exarata subsp. exarata, S. oppositifolia, S. paniculata, Sibbaldia procumbens, Silene acaulis, Urtica dioica (le pecore!).

Primo tratto della discesa, dalla cima al circo glaciale

Antennaria carpatica, Arabis alpina subsp. alpina, A. caerulea (rarissima, altra specie calcofila), Artemisia umbelliformis, Cardamine resedifolia, Doronicum grandiflorum, Draba aizoides, Eritrichium nanum, Leucanthemopsis alpina, Minuartia rupestris, M. sedoides, Oxyria digyna, Pedicularis kerneri, Phyteuma hedraianthifolium, Primula hirsuta, P. latifolia, Pseudofumaria lutea, Ranunculus glacialis (raro), Saussurea discolor, Saxifraga cotyledon, S. oppositifolia, Soldanella pusilla.

Secondo tratto della discesa, dal circo glaciale al Lago del Verrobbio

Arenaria biflora, Asplenium septentrionale, Leontodon helveticus, Molopospermum peloponensiacum, Myosotis alpestris, Phegopteris connectilis, Phyteuma hemisphaericum, Poa alpina, Primula hirsuta, Rhododendron ferrugineum, Saxifraga oppositifolia, S. seguieri, S.stellaris, Silene acaulis, Soldanella pusilla, Trifolium alpinum, Veronica alpina.


DALLA VALPIANA AL MONTE SPARAVERA
Quota minima: 1120 m
Quota massima: 1369
Dislivello complessivo: circa 320 m
Lunghezza: 4.7 km (andata) + 5.1 km (ritorno)
Durata: 3 h e 30 minuti
Difficoltà: escursionismo facile


Note: Periodo consigliato: aprile-giugno Per il parcheggio in Valpiana è necessario esporre il tagliando "gratta e sosta" acquistabile presso i negozi di Gandino.



Il verde crinale che divide la Val Gandino dalla Val Cavallina culmina nelle facili cime dei monti Grione (1381 m) e Barzena (1380 m); un po’ discosto, a sud, è facilmente riconoscibile il dolce profilo dello Sparavera (1369 m), punto panoramico di primordine con bellissima vista sui laghi sottostanti e gran parte delle montagne bergamasche.

La cima è un ampio cupolone erboso, che emerge dalla densa e quasi impenetrabile boscaglia termofila che riveste il ripido versante rivolto verso la Val Cavallina, mentre boschi più freschi e praterie si alternano piacevolmente sul meno acclive versante della Val Piana, tributaria della Val Gandino.

Nel paesaggio vegetale sono facilmente leggibili le trasformazioni operate dall’uomo; le vaste superfici a prato e pascolo strappate al bosco nel corso dei secoli ne sono il segno più evidente, ed anche i boschi alternano tratti più naturali a zone di intenso utilizzo e limitati rimboschimenti di conifere.

Numerose le cascine presenti, alcune in rovina, altre discutibilmente trasformate in abitazioni, non poche ben conservate e talora di pregevole fattura, tra le quali una recante incisa sul portale la data 1557, la più antica da me rinvenuta sulle nostre montagne.

Pur non presentando specie di eccezionale rarità, la flora è comunque assai ricca e diversificata, tanto che un’escursione allo Sparavera è sempre molto appagante per gli appassionati, attratti anche dalla facilità degli itinerari di accesso; l’escursione proposta sarà particolarmente apprezzata da coloro che desiderano osservare un gran numero di specie e godere della bellezza degli ambienti evitando di compiere un grande sforzo fisico.

Da Gandino (prendere via Opifici, seguire le indicazioni per la Malga Lunga) si imbocca con l’auto la strada della Val Piana (occorre fare attenzione, perché è piuttosto stretta e tortuosa; evitare assolutamente di percorrerla nel periodo invernale) ed al termine dei tornanti, superata sulla destra una chiesetta, si procede ancora per circa 1.5 km fino ad una delle piazzole adibite a parcheggio (1120 m ca), oltre le quali possono procedere solo i mezzi autorizzati (attenzione: è necessario esporre il “gratta e sosta“ da acquistare in un qualsiasi negozio o bar di Gandino).

  • Dalle piazzole evitare di prendere il sentiero CAI 544 (che risale un valloncello piuttosto ripido) e mantenersi sulla strada asfaltata che dopo alcuni tornanti si addolcisce e con un tratto in lieve pendenza si porta sul panoramico crinale della Val Borlezza, a breve distanza dalla Malga Lunga (1240 m, punto di ristoro)), che viene presto raggiunta percorrendo la strada ora divenuta sterrata (TRATTO 1, circa 30 minuti dalla partenza).
  • Si procede sempre sulla strada sterrata (segnavia CAI 547) e restando quasi sempre nel bosco si contornano le cime del Monte di Sovere e del Palandone, fino ad una selletta poco evidente (1300 m ca) tra quest’ultimo  e il monte Grione (TRATTO 2, circa 25 minuti dalla Malga Lunga).
  • Si continua ancora sullo sterrato, che in falsopiano si insinua fra cimette boscose e belle praterie fino a raggiungere, dopo una breve discesa, la bella pozza di Comunaglia (1300 m ca), in vista del il Monte Barzena (TRATTO 3, 10 minuti dalla selletta).
  • Ora la strada sterrata di biforca e si deve tenere a destra; si aggira il Monte Barzena e senza alcuna fatica si arriva alla grande Pozza dei Sette Termini (1308 m) (TRATTO 4, 10 minuti dalla pozza di Comunaglia).
  • Ormai si abbandona lo sterrato (che scende alla cascina Colombone) e si risale facilmente il dolce pendio terminale dello Sparavera, preferibilmente restando prossimi al versante della val Cavallina per godere delle fioriture più copiose e meglio apprezzare il panorama, che si rivela nella sua interezza una volta raggiunta la cima (1369 m)(TRATTO 5, 25 minuti dalla Pozza dei Sette Termini).
  • Il ritorno può compiersi semplicemente percorrendo a ritroso l’itinerario fin qui seguito, ma in alternativa è consigliabile seguire liberamente l’ampio crinale in direzione Nord (segnato da singolari cumuli di pietre) fino alla caratteristica Cà Olta (1326 m) dalla quale si prende una traccia tra i pascoli che si mantiene più o meno in quota, passa accanto ad una cascina in rovina e riporta alla Pozza dei Sette Termini (TRATTO 6, 30 minuti).

Di seguito viene riportato un sommario elenco delle specie presenti per ogni tratto del percorso, con particolare attenzione a quelle più appariscenti o comunque di maggior pregio. Per molte specie la suddivisione proposta è puramente indicativa, perché crescono diffusamente.

TRATTO 1 – Già dalla partenza e lungo la strada è possibile osservare un notevole numero di specie, in ambienti sono assai diversificati: detriti e roccette dolomitiche nel tratto iniziale, margine di bosco, prateria a Sesleria e pascolo più in alto.Allium carinatum subsp. pulchellum, Angelica sylvestris, Aquilegia atrata, Betonica alopecuros, Bellidiastrum michelii, Campanula martinii, Carex baldensis, Centaurea jacea subsp. gaudinii, Cephalanthera longifolia, Chamaecytisus purpureus, Cirsium erisithales, Convallaria majalis, Cyclamen purpurascens, Cytisus emeriflorus, Dactylorhiza fuchsii subsp. fuchsii, Daphne mezereum, Epipactis atrorubens, E. helleborine, Eupatorium cannabinum, Euphrasia rostkoviana, E. salisburgensis, Genista germanica, Gentiana asclepiadea, G. clusii, G. cruciata, Globularia cordifolia, G. nudicaulis, Gymnadenia conopsea, Helianthemum alpestre, H. nummularium, Helleborus niger, Hieracium gr. murorum, Hippocrepis comosa, Horminum pyrenaicum, Knautia drymeia, K. velutina, Laserpitium latifolium, L. peucedanoides, Leontodon tenuiflorus, Lilium bulbiferum subsp. croceum, Listera ovata, Maianthemum bifolium, Phyteuma orbiculare, P. ovatum, Platanthera bifolia, Polygala nicaeensis, Scilla bifolia, Teucrium chamaedrys, T. montanum, Thalictrum aquilegifolium, Thesium bavarum, Tofieldia calyculata, Valeriana tripteris.

TRATTO 2 – Si incontrano soprattutto specie nemorali, perché si procede per lo più nel bosco, a tratti molto ombroso; nelle schiarite operate dai tagli si è recentemente insinuato l’invasivo senecio africano (Senecio inaequidens). Astrantia major, Aposeris foetida, Aruncus dioicus, Aquilegia atrata, Carduus personata, Cephalanthera damasonium, Chaerophyllum hirsutum, Convallaria majalis, Crocus albiflorus, Cyclamen purpurascens, Daphne mezereum, Erythronium dens-canis, Euphorbia amygdaloides, Gentiana clusii, G. cruciata, Geum rivale, Helleborus niger, Hepatica nobilis, Laserpitium siler, Lathyrus vernus subsp. vernus, Lilium bullbiferum subsp. croceum, Lilium martagon, Listera ovata, Lonicera xylosteum, Luzula nivea, Melampyrum pratense, Muscari botryoides, Neottia nidus-avis, Paris quadrifolia, Phyteuma ovatum, Polygonatum verticillatum, Prenanthes purpurea, Primula elatior, Scilla bifolia, Senecio inaequidens, Solidago virgaurea, Thalictrum aquilegifolium, Valeriana tripteris, Verbascum lychnitis, Verbascum nigrum, Veronica urticifolia.

TRATTO 3 – Belle fioriture nei pascoli contornati dalla pecceta; ricche stazioni di Neottia (Neottia nidus-avis). Bellidiastrum michelii, Betonica alopecuros, Cephalanthera longifolia, Cirsium erisithales,Colchicum autumnale, Crocus albiflorus, Erythronium dens-canis, Galanthus nivalis, Gentiana cruciata, Geum rivale, Globularia nudicaulis, Helianthemum nummularium, Helleborus niger, Helleborus viridis, Horminum pyrenaicum, Leucanthemum vulgare, Linum catharticum, Listera ovata, Neottia nidus-avis, Persicaria bistorta, Phyteuma orbicolare, Polygonatum odoratum, P. verticillatum, Primula elatior, Ranunculus acris, R. thora, Senecio cordatus, Veratrum album subsp. lobelianum.

TRATTO 4 – Le praterie sono molto ricche; per meglio apprezzarle, in pochi minuti, si può raggiungere la cima del Monte Barzena.  Acinos alpinus, Allium carinatum subsp. pulchellum, Anthyllis vulneraria subsp. alpestris, Betonica alopecuros, Biscutella laevigata, Carex baldensis, Carlina acaulis, Cirsium acaule, Colchicum autumnale, Crocus albiflorus, Epipactis atropurpurea, Erythronium dens-canis, Euphrasia salisburgensis, Gentiana asclepiadea, G. clusii, G. cruciata, G. verna, Gentianopsis ciliata, Gentianella anisodonta, Globularia cordifolia, G. nudicaulis, Helianthemum alpestre, Helianthemum nummularium, Helleborus niger, Hippocrepis comosa, Laserpitium peucedanoides, Muscari botryioides, Ononis spinosa, Persicaria  vivipara, Plantago media, Polygala alpestris, P. chamaebuxus, Polygonatum odoratum, Primula elatior, Prunella grandiflora, Ranunculus acris, R. thora, Scilla bifolia, Sedum acre, Senecio cordatus, Veratrum album subsp. lobelianum.

TRATTO 5 – La prateria sommitale è ricchissima; dominano le specie dei pascoli asciutti ed in prossimità del crinale crescono quelle maggiormente  termofile o xerofile. Sul versante meridionale, alcune decine di metri sotto la cima, è presente l’unica stazione di orchidea sambucina (Dactylorhiza sambucina).

  Achillea stricta, Allium carinatum subsp. pulchellum, Anthyllis vulneraria subsp. alpestris, Betonica officinalis, Briza media, Bupleurum falcatum subsp. cernuum, Carlina acaulis, Carum carvi, Centaurea triumfetti, Cirsium acaule, C. pannonicum, Colchicum autumnale, Coronilla vaginalis, Crocus albiflorus, Dactylorhiza fuchsii subsp. fuchsii, Dactylorhiza sambucina, Erythronium dens-canis, Euphorbia  variabilis, E. verrucisa, Galium verum, Genista tinctoria, Gentiana acaulis, G. clusii, G. cruciata, G. verna, Gentianopsis ciliata, Gentianella anisodonta, Glocularia cordifolia, Gymnadenia conopsea, Knautia velutina, Laserpitium krapfii subsp. gaudinii, L. peucedanoides, Leucanthemum vulgare, Lotus corniculatus, Muscari botryioides, Nardus stricta, Orchis mascula, Orchis pallens, Peucedanum oreoselinum, Persicaria bistorta, P, vivpara, Plantago media, Platanthera bifolia, Polygala alpestris, Potentilla neumanniana, Primula elatior, Prunella grandiflora, Ranunculus acris, R. thora, Rhinanthus alectorolophus, R. minor, Salvia pratensis, Scilla bifolia, Soldanella alpina, Stellaria graminea, Succisa pratensis, Traunsteinera globosa, Trifolium montanum, T. pratense, Trinia glauca, Typha latifolia, Veratrum album subsp. lobelianum.

TRATTO 6 – Chi volesse spingersi più in basso verso la cascina Colombone e oltre, nella seconda metà di aprile potrà ammirare spettacolari fioriture di primula maggiore (Primula elatior). Anthyllis vulneraria subsp. alpestris, Arnica montana, Campanula scheuchzeri, Carlina acaulis, Colchicum autumnale, Dactylorhiza fuchsii subsp. fuchsii, Gentiana acaulis, Gentianella anisodonta, Gymnadenia coopsea, Leucanthemum vulgare, Orchis mascula, Persicaria bistorta, Platanthera bifolia, Primula elatior, Prunella grandiflora, Ranunculus acris, R. thora, Rhinanthus alectorolophus, Trifolium montanum, Trifolium pratense, Veratrum album subsp. lobelianum.