Campanula bergomensis

Il lavoro di ricercatori del FAB e delle Università di Milano e di Siena ha portato alla identificazione di una nuova specie endemica del nostro territorio: Campanula bergomensis F.Mangili & L.Mangili

Di seguito i link per scaricare l’articolo pubblicato dalla rivista di sistematica Phytotaxa

01/01/1970
Campanula bergomensis

Il lavoro di ricercatori del FAB e delle Università di Milano e di Siena ha portato alla identificazione di una nuova specie endemica del nostro territorio: Campanula bergomensis F.Mangili & L.Mangili

Di seguito i link per scaricare l’articolo pubblicato dalla rivista di sistematica Phytotaxa

Apium leptophyllum (Pers.) F. Muell.

Apium leptophyllum (Pers.) F. Muell. – Apiaceae (sinonimo: Cyclospermum leptophyllum (Pers.) Sprague ex Britton et P. Wilson)

Specie alloctona neofita, originaria del Sud America, segnalata anticamente in Italia presso Pisa e Caserta e rinvenuta nel 1933-35 a Massa (S. Pignatti, Flora d’Italia, 1982), più frequentemente osservata a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. In Lombardia è stata rinvenuta per la prima volta in provincia di Brescia, a Gargnano, nel 1999, mentre all’anno successivo data la prima segnalazione bergamasca (ma la località di rinvenimento, Calolziocorte, è oggi in territorio lecchese). In seguito la specie è stata sporadicamente segnalata lungo la riva del Garda, mentre non è più stata osservata nella Bergamasca.

distribuzione italiana
Atlante Digitale: distribuzione BG, BS, LC

Probabilmente, l’origine tropicale ed i primi ritrovamenti (tutti in prossimità dei laghi) hanno fatto supporre una sua preferenza per ambienti termofili, ma nel 2021 è stata ripetutamete osservata nei comuni di Treviglio e Caravaggio (Bg), in giardini condominiali, aiuole, marciapiedi e aree ruderali. Trattandosi di una pianta sfuggente, è possibile che la sua diffusione sul territorio sia maggiore di quella finora rilevata.

Descrizione Erba annuale, alta 20-50 cm, di aspetto delicato, con fusti gracili e numerosi rami ampiamente divergenti; foglie 2-3 pennatosette, con segmenti lineari larghi 1 mm o meno; ombrelle ridottissime, generalmente a 2 o 3 raggi; brattee e bratteole assenti; fiori minuscoli, in maggio-giugno; frutto con due mericarpi globosi. Tutta la pianta emana un gradevole aroma di sedano.

Dove cercare? Giardini (anche molto trascurati), aiole, macerie, ruderi, greti,

01/01/1970
Apium leptophyllum (Pers.) F. Muell.

Apium leptophyllum (Pers.) F. Muell. – Apiaceae (sinonimo: Cyclospermum leptophyllum (Pers.) Sprague ex Britton et P. Wilson)

Specie alloctona neofita, originaria del Sud America, segnalata anticamente in Italia presso Pisa e Caserta e rinvenuta nel 1933-35 a Massa (S. Pignatti, Flora d’Italia, 1982), più frequentemente osservata a partire dagli anni ’80 del secolo scorso. In Lombardia è stata rinvenuta per la prima volta in provincia di Brescia, a Gargnano, nel 1999, mentre all’anno successivo data la prima segnalazione bergamasca (ma la località di rinvenimento, Calolziocorte, è oggi in territorio lecchese). In seguito la specie è stata sporadicamente segnalata lungo la riva del Garda, mentre non è più stata osservata nella Bergamasca.

distribuzione italiana
Atlante Digitale: distribuzione BG, BS, LC

Probabilmente, l’origine tropicale ed i primi ritrovamenti (tutti in prossimità dei laghi) hanno fatto supporre una sua preferenza per ambienti termofili, ma nel 2021 è stata ripetutamete osservata nei comuni di Treviglio e Caravaggio (Bg), in giardini condominiali, aiuole, marciapiedi e aree ruderali. Trattandosi di una pianta sfuggente, è possibile che la sua diffusione sul territorio sia maggiore di quella finora rilevata.

Descrizione Erba annuale, alta 20-50 cm, di aspetto delicato, con fusti gracili e numerosi rami ampiamente divergenti; foglie 2-3 pennatosette, con segmenti lineari larghi 1 mm o meno; ombrelle ridottissime, generalmente a 2 o 3 raggi; brattee e bratteole assenti; fiori minuscoli, in maggio-giugno; frutto con due mericarpi globosi. Tutta la pianta emana un gradevole aroma di sedano.

Dove cercare? Giardini (anche molto trascurati), aiole, macerie, ruderi, greti,

Ricognizione fondo Chenevard

Matériaux pour une Flore des Alpes Bergamasques

Paul Chenevard (1839-1919), amministratore di un importante negozio di stoffe di Ginevra, fu anche un botanico di talento; dal 1911 al 1913 si dedicò all’esplorazione sistematica delle montagne bergamasche, raccogliendo una grande quantità di dati floristici, finalizzati alla realizzazione di una “Flore des Alpes Bergamasques” rimasta inedita.

La “Documentazione Chenevard” originale è depositata nella Biblioteca del Conservatoire et Jardin botaniques de la Ville de Genève. La storia della sua acquisizione in copia digitale da parte del F.A.B., grazie alla collaborazione con l’Orto Botanico “Lorenzo Rota” e il Museo di Scienze Naturali “Enrico Caffi” di Bergamo, è raccontata in “A Ginevra, sulle tracce di Paul Chenevard” (Notiziario Floristico n. 28 Nov. 2005, p. 1-2) e in “Helvetia felix” (Notiziario Floristico n. 47 Apr. 2015, p. 22-23), articoli scaricabili dal sito.

I materiali consistono di 11 “volumi” o faldoni, contenenti fogli singoli o, più generalmente, in fascicoli, manoscritti e organizzati con criteri diversi: i volumi 1 e 2 contengono tutte le informazioni necessarie per la realizzazione dei volumi/fascicoli 3-11, che comprendono i dati corologici di tutte le entità botaniche che sarebbero state trattate.

I.

In dettaglio:

VOL 1

1) vari fascicoli o singoli fogli con elenchi di specie desunte dalle opere pregresse, codificate nella bibliografia presente nel VOL 2 (cfr. sotto), utilizzata per i volumi 3-11.

Comprendono le fonti codificate con i numeri 1, 7, 8, 9, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 25.

elenco di specie desunte da Bertoloni

2) Un fascicolo di codici cartografici utilizzati nel primo Novecento.

3) Un elenco supplementare di specie contenute nell’erbario di Emilio Rodegher.
4) Note varie, con revisioni critiche dei dati dell’erbario Rodegher.

VOL 2

1) Elenco di specie stilato nel 1910 e intitolato Alpes Brescianes Wilczek.

2) Elenco di specie della fonte 8 (Prospetto della flora della Provincia di Bergamo di L.Rota).

3) La Bibliografia utilizzata, codificata in ordine cronologico .

elenco bibliografico

4) Carta geologica di Cesare Porro.

5) Estratto dal Foglio d’assieme della carta topografica d’Italia (IGM al 25.000).

6) Un elenco di specie raccolte da Wilczek nel 1900 sopra Vello (BS).

7) Un elenco di specie calcicole e silicicole desunte dal Prospetto di Rota.

8) Una serie di fascicoli raccolti sotto la denominazione Récoltes, raccolte effettuate in campo dal 1910 al 1914 ad opera di diversi botanici e floristi elvetici, recanti i titoli:

1910 Course de printemps Alpes bergamasques.

1910 Notes récoltes d’Aprica.

1911 2-6 Juin Alpes bergamasques Wilczek.

1911 14-16 Mai Alpes bergamasques Wilczek.

1911 20 luglio – 18 agosto Podona Valsecca Roncobello.

1911 22-27 Mai Alpes Bergamasques Cuendet.

1911 27 luglio – 3 agosto Valle di Scalve Wilczek.

1911-1912 Valli Varrone Sassina e Biandino con J.Braun.

1912 1-10 agosto Sarnico Adda Venturosa Hess.

1912 16VII-18VIII Presolana Gorlago.

1913 Clusone Hess.

1913 Lecco Bergamo Serina Furrer.

1913 Lovere Clusone Wilczek.

1913 Monts Orobiens Furrer.

1913 Récoltes Cassian.

1914 Alben Wilczek.

1914 Récoltes Cassian.

Monts Orobiens Furrer

9) Una revisione dell’erbario Rodegher per gli anni 1914 – 1915.

10) Una revisione parziale dell’erbario Rota.

I Volumi dal 3 all’11 contengono tutti i dati corologici secondo l’ordine sistematico in auge ai tempi della redazione. Ogni pagina reca in alto il taxon trattato e il numero di pagina del fascicolo.

Segue l’indicazione di alcuni dati ecologici e fenologici, desunti in genere dal Prospetto di Rota.

I dati corologici sono organizzati sulla pagina in quattro gruppi di area numerati a matita sul bordo sinistro. Il numero 1 riguarda dati della parte più occidentale del territorio, dal monte Legnone alla Val Varrone, alla Valsassina e al territorio bergamasco confinante con il lecchese, con esclusione della val Brembana e delle relative convalli. Il numero 2 indica la val Brembana fino a Bergamo e il territorio planiziale gravitante sul fiume Brembo. Il numero 3 riguarda la Val Seriana e il territorio planiziale del Serio. Infine il 4 si riferisce all’area più orientale, da Clusone e val di Scalve al territorio camuno più settentrionale.

Quando lo spazio dedicato a un’area non è sufficiente per contenere tutte le informazioni, sul bordo destro compare la sigla T.S.V.P. (tournez s’il vous plait), a indicare che sono scritte sul retro del foglio.

La paternità dei dati corologici è indicata con un numero messo tra parentesi che si riferisce all’opera citata nella Bibliografia (es. 8 indica il Prospetto di Rota). Se si tratta di un dato di erbario, se ne cita l’autore con una sigla o con il nome esteso (es. Hb. Rdg = erbario Rodegher). Quando il binomio degli autori differisce da quello dell’intestazione del foglio, viene indicato e preceduto dalla sigla “s.n.” (= sub nomine). Se invece il dato è stato raccolto dai ricercatori elvetici con le escursioni effettuate in campo, compare la sigla (!).

Qualora gli autori citati usino livelli sottospecifici diversi da quelli sull’intestazione del foglio, vengono esplicitamente trascritti e sottolineati.

LA DOCUMENTAZIONE CHENEVARD E’ DISPONIBILE QUI O SU RICHIESTA INVIANDO UNA MAIL ALLA SEGRETERIA FAB (segreteria@floralpinabergamasca.net); VERRA’ SPEDITO L’ELENCO DELLE SPECIE CON TUTTE LE INDICAZIONI NECESSARIE (VOLUME, FASCICOLO, PAGINA) PER PUNTUALIZZARE LA RICHIESTA.

01/01/1970
Ricognizione fondo Chenevard

Matériaux pour une Flore des Alpes Bergamasques

Paul Chenevard (1839-1919), amministratore di un importante negozio di stoffe di Ginevra, fu anche un botanico di talento; dal 1911 al 1913 si dedicò all’esplorazione sistematica delle montagne bergamasche, raccogliendo una grande quantità di dati floristici, finalizzati alla realizzazione di una “Flore des Alpes Bergamasques” rimasta inedita.

La “Documentazione Chenevard” originale è depositata nella Biblioteca del Conservatoire et Jardin botaniques de la Ville de Genève. La storia della sua acquisizione in copia digitale da parte del F.A.B., grazie alla collaborazione con l’Orto Botanico “Lorenzo Rota” e il Museo di Scienze Naturali “Enrico Caffi” di Bergamo, è raccontata in “A Ginevra, sulle tracce di Paul Chenevard” (Notiziario Floristico n. 28 Nov. 2005, p. 1-2) e in “Helvetia felix” (Notiziario Floristico n. 47 Apr. 2015, p. 22-23), articoli scaricabili dal sito.

I materiali consistono di 11 “volumi” o faldoni, contenenti fogli singoli o, più generalmente, in fascicoli, manoscritti e organizzati con criteri diversi: i volumi 1 e 2 contengono tutte le informazioni necessarie per la realizzazione dei volumi/fascicoli 3-11, che comprendono i dati corologici di tutte le entità botaniche che sarebbero state trattate.

I.

In dettaglio:

VOL 1

1) vari fascicoli o singoli fogli con elenchi di specie desunte dalle opere pregresse, codificate nella bibliografia presente nel VOL 2 (cfr. sotto), utilizzata per i volumi 3-11.

Comprendono le fonti codificate con i numeri 1, 7, 8, 9, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 25.

elenco di specie desunte da Bertoloni

2) Un fascicolo di codici cartografici utilizzati nel primo Novecento.

3) Un elenco supplementare di specie contenute nell’erbario di Emilio Rodegher.
4) Note varie, con revisioni critiche dei dati dell’erbario Rodegher.

VOL 2

1) Elenco di specie stilato nel 1910 e intitolato Alpes Brescianes Wilczek.

2) Elenco di specie della fonte 8 (Prospetto della flora della Provincia di Bergamo di L.Rota).

3) La Bibliografia utilizzata, codificata in ordine cronologico .

elenco bibliografico

4) Carta geologica di Cesare Porro.

5) Estratto dal Foglio d’assieme della carta topografica d’Italia (IGM al 25.000).

6) Un elenco di specie raccolte da Wilczek nel 1900 sopra Vello (BS).

7) Un elenco di specie calcicole e silicicole desunte dal Prospetto di Rota.

8) Una serie di fascicoli raccolti sotto la denominazione Récoltes, raccolte effettuate in campo dal 1910 al 1914 ad opera di diversi botanici e floristi elvetici, recanti i titoli:

1910 Course de printemps Alpes bergamasques.

1910 Notes récoltes d’Aprica.

1911 2-6 Juin Alpes bergamasques Wilczek.

1911 14-16 Mai Alpes bergamasques Wilczek.

1911 20 luglio – 18 agosto Podona Valsecca Roncobello.

1911 22-27 Mai Alpes Bergamasques Cuendet.

1911 27 luglio – 3 agosto Valle di Scalve Wilczek.

1911-1912 Valli Varrone Sassina e Biandino con J.Braun.

1912 1-10 agosto Sarnico Adda Venturosa Hess.

1912 16VII-18VIII Presolana Gorlago.

1913 Clusone Hess.

1913 Lecco Bergamo Serina Furrer.

1913 Lovere Clusone Wilczek.

1913 Monts Orobiens Furrer.

1913 Récoltes Cassian.

1914 Alben Wilczek.

1914 Récoltes Cassian.

Monts Orobiens Furrer

9) Una revisione dell’erbario Rodegher per gli anni 1914 – 1915.

10) Una revisione parziale dell’erbario Rota.

I Volumi dal 3 all’11 contengono tutti i dati corologici secondo l’ordine sistematico in auge ai tempi della redazione. Ogni pagina reca in alto il taxon trattato e il numero di pagina del fascicolo.

Segue l’indicazione di alcuni dati ecologici e fenologici, desunti in genere dal Prospetto di Rota.

I dati corologici sono organizzati sulla pagina in quattro gruppi di area numerati a matita sul bordo sinistro. Il numero 1 riguarda dati della parte più occidentale del territorio, dal monte Legnone alla Val Varrone, alla Valsassina e al territorio bergamasco confinante con il lecchese, con esclusione della val Brembana e delle relative convalli. Il numero 2 indica la val Brembana fino a Bergamo e il territorio planiziale gravitante sul fiume Brembo. Il numero 3 riguarda la Val Seriana e il territorio planiziale del Serio. Infine il 4 si riferisce all’area più orientale, da Clusone e val di Scalve al territorio camuno più settentrionale.

Quando lo spazio dedicato a un’area non è sufficiente per contenere tutte le informazioni, sul bordo destro compare la sigla T.S.V.P. (tournez s’il vous plait), a indicare che sono scritte sul retro del foglio.

La paternità dei dati corologici è indicata con un numero messo tra parentesi che si riferisce all’opera citata nella Bibliografia (es. 8 indica il Prospetto di Rota). Se si tratta di un dato di erbario, se ne cita l’autore con una sigla o con il nome esteso (es. Hb. Rdg = erbario Rodegher). Quando il binomio degli autori differisce da quello dell’intestazione del foglio, viene indicato e preceduto dalla sigla “s.n.” (= sub nomine). Se invece il dato è stato raccolto dai ricercatori elvetici con le escursioni effettuate in campo, compare la sigla (!).

Qualora gli autori citati usino livelli sottospecifici diversi da quelli sull’intestazione del foglio, vengono esplicitamente trascritti e sottolineati.

LA DOCUMENTAZIONE CHENEVARD E’ DISPONIBILE QUI O SU RICHIESTA INVIANDO UNA MAIL ALLA SEGRETERIA FAB (segreteria@floralpinabergamasca.net); VERRA’ SPEDITO L’ELENCO DELLE SPECIE CON TUTTE LE INDICAZIONI NECESSARIE (VOLUME, FASCICOLO, PAGINA) PER PUNTUALIZZARE LA RICHIESTA.

Censimento della flora vascolare della Filaressa

CENSIMENTO DELLA FLORA VASCOLARE DELLA FILARESSA

La ricerca, iniziata nel 2011 e protrattasi fino al 2019, ha perseguito il duplice scopo di indagare metodicamente la flora della Filaressa per rilevare tutte le specie presenti e la loro localizzazione, nonché l’estensione dei vari ambienti vegetazionali, al fine di poter valutare in futuro l’entità delle modificazioni in atto, dovute alla generale riduzione dell’intervento antropico, alla conseguente ripresa della vegetazione spontanea ed al cambiamento climatico. Il territorio indagato è stato suddiviso in 126 Unità Gegrafiche Operazionali (OGU) utilizzando una griglia a maglie di 20” in latitudine (circa 615 m) e 30” in longitudine (circa 650 m), congruenti con il reticolo adottato per il progetto internazionale di cartografia floristica dell’Europa Centrale (CFCE); ogni OGU è stata esplorata sistematicamente nelle diverse stagioni e in tutte le tipologie ambientali. La ricerca ha consentito la raccolta di 21.405 dati georeferenziati relativi a 759 specie, alcune delle quali nuove per il territorio indagato ed anche per la bergamasca.

La specificità ed il fascino della Filaressa si devono ad una serie fortunata di fattori naturali ed antropici, che solo in parte si ritrovano sulle montagne vicine, non a caso floristicamente più povere.

Collocata sul crinale principale tra le valli Brembana e Seriana, è costituita quasi totalmente da dolomie, nella Bergamasca diffusamente presenti alcune decine di chilometri più a Nord e delle quali rappresenta l’ultima isolata propaggine, scivolata verso la pianura portando con sé tutto l’originario corredo di specie vegetali.

La sua morfologia è più dolce sul versante meridionale, soprattutto nella fascia compresa fra 800 e 1.000 metri, dove si collocano il pianoro degli Spiazzi, il piccolo insediamento di Castello (872 m) e varie cascine sparse nei prati, testimonianze dell’intenso utilizzo del territorio da parte dell’uomo; più aspro e tormentato è il versante settentrionale, a tratti ripidissimo, con frequenti pareti rocciose e profonde incisioni.

La differente esposizione dei versanti comporta la distribuzione delle piante in funzione delle loro esigenze termiche. Sul caldo e asciutto versante meridionale si sviluppa il bosco termofilo dominato dal carpino nero e dall’orniello ed è facile incontrare molte specie di origine mediterranea o mediterraneo-montana, resistenti all’aridità ed alle alte temperature estive, in genere abbastanza diffuse sui rilievi prealpini più esterni.

Sul versante settentrionale, più ombroso e umido, trovano condizioni ideali di vita il bosco fresco, una minuscola faggeta e un consistente gruppo di specie proprie della media montagna, molte delle quali solitamente si incontrano a quote più elevate; inoltre, nelle nicchie e nelle fenditure delle pareti sempre in ombra si verificano condizioni microtermiche che giustificano la presenza a bassa quota di alcune specie schiettamente alpine.

Gli ambienti rocciosi si rivelano particolarmente ospitali anche per un consistente gruppo di specie endemiche o rare, con diffusione assai circoscritta sulle montagne bergamasche e, in genere, sull’intera catena alpina.

Significativa è la presenza dell’acqua, abbondante sul fondo delle profonde forre che delimitano il monte e che alimenta modeste sorgenti di versante quando le porose dolomie si appoggiano sugli strati impermeabili delle argilliti, dando vita ad ambienti umidi circoscritti ma preziosi per le specie che ospitano.

I fattori naturali danno in gran parte ragione della ricchezza floristica della Filaressa, ma decisiva si rivela anche la qualità della presenza umana, nei secoli passati all’origine di importanti modificazioni ambientali ed ancora oggi significativa, pur se ridimensionata. L’intervento dell’uomo, ancora evidente nella struttura e composizione dei boschi, è indispensabile per il mantenimento dei prati da fieno, complesse associazioni erbacee dotate di una ricca biodiversità, costituite da innumerevoli specie, anche se non tutte importanti dal punto di vista produttivo; piante con esigenze differenti vi convivono in un equilibrio delicato, che si mantiene stabile fino a quando dura la cura dell’uomo. Al venir meno degli sfalci, questi prati che ammantano i versanti di vivaci fioriture multicolori sono progressivamente riconquistati dal bosco; attualmente la loro presenza è in forte contrazione su tutta la montagna bergamasca.

I fattori brevemente elencati si ritrovano tutti insieme solo sulla Filaressa, giustificandone la diversità e la ricchezza rispetto ai monti circostanti. Il Canto Alto (calcareo), il Costone e il Podona (dolomitici), pur condividendone in parte la geologia, presentano forme meno accidentate ed esposizioni meno favorevoli per le piante microterme, mancano di zone umide e negli ultimi decenni hanno visto la scomparsa dei prati da fieno, tutti elementi che si traducono in una ridotta diversificazione degli habitat, cui corrisponde un minor numero di specie. Per inquadrare quantitativamente il fenomeno, ad oggi, fra le specie rinvenute in Filaressa, sono 374 quelle mai osservate sul Canto Alto, mentre il caso opposto si verifica solo per 55 specie.

I risultati della ricerca sono pubblicati in forma sintetica nel volume “FILARESSA, GUIDA LLA FLORA DEGLI AMBIENTI NATURALI“, comprendente anche una selezione delle specie.

01/01/1970
Censimento della flora vascolare della Filaressa

CENSIMENTO DELLA FLORA VASCOLARE DELLA FILARESSA

La ricerca, iniziata nel 2011 e protrattasi fino al 2019, ha perseguito il duplice scopo di indagare metodicamente la flora della Filaressa per rilevare tutte le specie presenti e la loro localizzazione, nonché l’estensione dei vari ambienti vegetazionali, al fine di poter valutare in futuro l’entità delle modificazioni in atto, dovute alla generale riduzione dell’intervento antropico, alla conseguente ripresa della vegetazione spontanea ed al cambiamento climatico. Il territorio indagato è stato suddiviso in 126 Unità Gegrafiche Operazionali (OGU) utilizzando una griglia a maglie di 20” in latitudine (circa 615 m) e 30” in longitudine (circa 650 m), congruenti con il reticolo adottato per il progetto internazionale di cartografia floristica dell’Europa Centrale (CFCE); ogni OGU è stata esplorata sistematicamente nelle diverse stagioni e in tutte le tipologie ambientali. La ricerca ha consentito la raccolta di 21.405 dati georeferenziati relativi a 759 specie, alcune delle quali nuove per il territorio indagato ed anche per la bergamasca.

La specificità ed il fascino della Filaressa si devono ad una serie fortunata di fattori naturali ed antropici, che solo in parte si ritrovano sulle montagne vicine, non a caso floristicamente più povere.

Collocata sul crinale principale tra le valli Brembana e Seriana, è costituita quasi totalmente da dolomie, nella Bergamasca diffusamente presenti alcune decine di chilometri più a Nord e delle quali rappresenta l’ultima isolata propaggine, scivolata verso la pianura portando con sé tutto l’originario corredo di specie vegetali.

La sua morfologia è più dolce sul versante meridionale, soprattutto nella fascia compresa fra 800 e 1.000 metri, dove si collocano il pianoro degli Spiazzi, il piccolo insediamento di Castello (872 m) e varie cascine sparse nei prati, testimonianze dell’intenso utilizzo del territorio da parte dell’uomo; più aspro e tormentato è il versante settentrionale, a tratti ripidissimo, con frequenti pareti rocciose e profonde incisioni.

La differente esposizione dei versanti comporta la distribuzione delle piante in funzione delle loro esigenze termiche. Sul caldo e asciutto versante meridionale si sviluppa il bosco termofilo dominato dal carpino nero e dall’orniello ed è facile incontrare molte specie di origine mediterranea o mediterraneo-montana, resistenti all’aridità ed alle alte temperature estive, in genere abbastanza diffuse sui rilievi prealpini più esterni.

Sul versante settentrionale, più ombroso e umido, trovano condizioni ideali di vita il bosco fresco, una minuscola faggeta e un consistente gruppo di specie proprie della media montagna, molte delle quali solitamente si incontrano a quote più elevate; inoltre, nelle nicchie e nelle fenditure delle pareti sempre in ombra si verificano condizioni microtermiche che giustificano la presenza a bassa quota di alcune specie schiettamente alpine.

Gli ambienti rocciosi si rivelano particolarmente ospitali anche per un consistente gruppo di specie endemiche o rare, con diffusione assai circoscritta sulle montagne bergamasche e, in genere, sull’intera catena alpina.

Significativa è la presenza dell’acqua, abbondante sul fondo delle profonde forre che delimitano il monte e che alimenta modeste sorgenti di versante quando le porose dolomie si appoggiano sugli strati impermeabili delle argilliti, dando vita ad ambienti umidi circoscritti ma preziosi per le specie che ospitano.

I fattori naturali danno in gran parte ragione della ricchezza floristica della Filaressa, ma decisiva si rivela anche la qualità della presenza umana, nei secoli passati all’origine di importanti modificazioni ambientali ed ancora oggi significativa, pur se ridimensionata. L’intervento dell’uomo, ancora evidente nella struttura e composizione dei boschi, è indispensabile per il mantenimento dei prati da fieno, complesse associazioni erbacee dotate di una ricca biodiversità, costituite da innumerevoli specie, anche se non tutte importanti dal punto di vista produttivo; piante con esigenze differenti vi convivono in un equilibrio delicato, che si mantiene stabile fino a quando dura la cura dell’uomo. Al venir meno degli sfalci, questi prati che ammantano i versanti di vivaci fioriture multicolori sono progressivamente riconquistati dal bosco; attualmente la loro presenza è in forte contrazione su tutta la montagna bergamasca.

I fattori brevemente elencati si ritrovano tutti insieme solo sulla Filaressa, giustificandone la diversità e la ricchezza rispetto ai monti circostanti. Il Canto Alto (calcareo), il Costone e il Podona (dolomitici), pur condividendone in parte la geologia, presentano forme meno accidentate ed esposizioni meno favorevoli per le piante microterme, mancano di zone umide e negli ultimi decenni hanno visto la scomparsa dei prati da fieno, tutti elementi che si traducono in una ridotta diversificazione degli habitat, cui corrisponde un minor numero di specie. Per inquadrare quantitativamente il fenomeno, ad oggi, fra le specie rinvenute in Filaressa, sono 374 quelle mai osservate sul Canto Alto, mentre il caso opposto si verifica solo per 55 specie.

I risultati della ricerca sono pubblicati in forma sintetica nel volume “FILARESSA, GUIDA LLA FLORA DEGLI AMBIENTI NATURALI“, comprendente anche una selezione delle specie.

Gentiana alpina Vill.

Gentiana alpina Vill.

Specie alpino-pirenaica, è presente sulle Alpi nella porzione occidentale della catena, ma sempre sul versante francese e svizzero, raggiungendo il medio Vallese e ricomparendo nuovamente in una limitata porzione delle Alpi centro-meridionali compresa tra il Canton Ticino e le Orobie Occidentali. Nel dettaglio, in quest’ultima area la specie è diffusa sulle Alpi Lepontine Meridionali lungo il confine italo-svizzero dalla Val Cavargna fino al monte Cardinello, riapparendo poi sul monte Sasso Canale tra le province di Como e Sondrio. Nelle Alpi Orobie Occidentali l’areale si estende sul crinale dal monte Legnone fino alla Val Gerola, alla Bocchetta di Stavello ed alla Cima del Cassero (stazioni più prossime al confine bergamasco). L’habitat di elezione è costituito da pascoli alpini e subalpini su substrato siliceo, ma può colonizzare anche ambienti più marcatamente di crinale con roccia affiorante.

Distribuzione nelle Alpi di Gentiana alpina Vill. (modificato da Aeschimann et. Al., 2004)

E’ specie stolonifera che forma estesi tappeti, ben riconoscibili per il caratteristico colore verde chiaro o un po’ glauco, oltre che per la nervatura centrale singola (trinervie in G. clusii e G. acaulis, con le quali potrebbe essere confusa). Il periodo di fioritura va da metà giugno alla prima decade di luglio, a seconda delle quote, ma le rosette assolutamente particolari la rendono ben riconoscibile in qualsiasi stagione.

Gentiana alpina Vill. , Val Stretta (TO), giugno 2020

Dove cercarla?

Per quanto riguarda la nostra provincia mancano dati storici. Nelle indicazioni più antiche provenienti da Alcide Rodegher è indicata per i “monti della Val Varrone”, in provincia di Lecco ma prossimi al confine bergamasco. Arietti (1964), la segnala nel bresciano, tra il passo di Crocedomini e il monte Frerone, segnalazione mai confermata successivamente, e che, alla luce della distribuzione alpina di questa specie appare assai improbabile. La sua presenza in bergamasca è però plausibile, in quanto le popolazioni sondriesi sono poste a pochissima distanza dal gruppo del Pizzo dei Tre Signori, estremo limite occidentale bergamasco nelle Orobie, poco esplorato floristicamente a causa della sua natura piuttosto impervia. Pertanto, ricerche accurate nell’area, in particolare lungo il crinale dal Passo di Gandazzo al Pizzo dei Tre Signori, nonché sul ripido versante meridionale del Pizzo Tre Signori, potrebbero avere un esito positivo. In questo caso, inoltre, l’attività di ricerca è grandemente aiutata dalla facilità di riconoscimento della pianta, ben distinguibile in ogni stagione.

Gentiana alpina Vill. ,Val Cavargna (CO), giugno 2013
01/01/1970
Gentiana alpina Vill.

Gentiana alpina Vill.

Specie alpino-pirenaica, è presente sulle Alpi nella porzione occidentale della catena, ma sempre sul versante francese e svizzero, raggiungendo il medio Vallese e ricomparendo nuovamente in una limitata porzione delle Alpi centro-meridionali compresa tra il Canton Ticino e le Orobie Occidentali. Nel dettaglio, in quest’ultima area la specie è diffusa sulle Alpi Lepontine Meridionali lungo il confine italo-svizzero dalla Val Cavargna fino al monte Cardinello, riapparendo poi sul monte Sasso Canale tra le province di Como e Sondrio. Nelle Alpi Orobie Occidentali l’areale si estende sul crinale dal monte Legnone fino alla Val Gerola, alla Bocchetta di Stavello ed alla Cima del Cassero (stazioni più prossime al confine bergamasco). L’habitat di elezione è costituito da pascoli alpini e subalpini su substrato siliceo, ma può colonizzare anche ambienti più marcatamente di crinale con roccia affiorante.

Distribuzione nelle Alpi di Gentiana alpina Vill. (modificato da Aeschimann et. Al., 2004)

E’ specie stolonifera che forma estesi tappeti, ben riconoscibili per il caratteristico colore verde chiaro o un po’ glauco, oltre che per la nervatura centrale singola (trinervie in G. clusii e G. acaulis, con le quali potrebbe essere confusa). Il periodo di fioritura va da metà giugno alla prima decade di luglio, a seconda delle quote, ma le rosette assolutamente particolari la rendono ben riconoscibile in qualsiasi stagione.

Gentiana alpina Vill. , Val Stretta (TO), giugno 2020

Dove cercarla?

Per quanto riguarda la nostra provincia mancano dati storici. Nelle indicazioni più antiche provenienti da Alcide Rodegher è indicata per i “monti della Val Varrone”, in provincia di Lecco ma prossimi al confine bergamasco. Arietti (1964), la segnala nel bresciano, tra il passo di Crocedomini e il monte Frerone, segnalazione mai confermata successivamente, e che, alla luce della distribuzione alpina di questa specie appare assai improbabile. La sua presenza in bergamasca è però plausibile, in quanto le popolazioni sondriesi sono poste a pochissima distanza dal gruppo del Pizzo dei Tre Signori, estremo limite occidentale bergamasco nelle Orobie, poco esplorato floristicamente a causa della sua natura piuttosto impervia. Pertanto, ricerche accurate nell’area, in particolare lungo il crinale dal Passo di Gandazzo al Pizzo dei Tre Signori, nonché sul ripido versante meridionale del Pizzo Tre Signori, potrebbero avere un esito positivo. In questo caso, inoltre, l’attività di ricerca è grandemente aiutata dalla facilità di riconoscimento della pianta, ben distinguibile in ogni stagione.

Gentiana alpina Vill. ,Val Cavargna (CO), giugno 2013

Censimento della flora vascolare del Parco dei Colli di Bergamo

CENSIMENTO DELLA FLORA VASCOLARE DEL PARCO DEI COLLI DI BERGAMO

Il Parco dei Colli di Bergamo occupa una superficie di circa 4.700 ettari nei comuni di Almè, Bergamo, Mozzo, Paladina, Ponteranica, Ranica, Sorisole, Torre Boldone, Valbrembo e Villa d’Almè. Il territorio interessato si estende da 244 e 1.146 m di quota e presenta una grande variabilità di ambienti, alternando aree urbane, superfici agricole con diversa destinazione, varie tipologie di boschi, praterie aride residuali, limitate zone umide ed anche discreti affioramenti rocciosi.

Bergamo, via Alle Case Moroni, antichi terrazzamenti abbandonati
Piana del Gres, prati e boschi lungo il torrente Quisa
Querceto lungo la ciclabile Ramera-Sombreno
Interessante area umida nella Piana del Gres

A breve distanza dalla città persiste una biodiversità sorprendente e per certi aspetti poco conosciuta (ufficialmente le specie botaniche presenti sono poco più di 400!) meritevole di un’indagine approfondita, anche perché l’espansione dell’edificato e l’abbandono di molti prati collinari e montani a vantaggio del bosco, nonché le differenti modalità del suo utilizzo rispetto al passato, causano in tempi più o meno rapidi profonde modificazioni ambientali che si riflettono inevitabilmente sulla presenza e la consistenza numerica delle specie vegetali.

Lembi di prateria arida al Canto Basso
Balze rocciose e boscaglie termofile sulla Valle del Giongo

La ricerca, avviata nel 2015, si propone più finalità: censire e mappare tutte le specie della flora vascolare (felci, gimnosperme, angiosperme) presenti nel parco; individuare le aree di maggior pregio ambientale e floristico, con particolare attenzione a quelle maggiormente a rischio; “fotografare” lo stato attuale della flora per consentire in futuro di documentare le modificazioni ambientali.

Orchis purpurea, specie nuova per il territorio del parco, ritrovata nel corso della ricerca

Il territorio del parco è stato suddiviso in 151 Unità Gegrafiche Operazionali (OGU) utilizzando una griglia a maglie di 20” in latitudine (circa 615 m) e 30” in longitudine (circa 650 m), congruenti con il reticolo adottato per il progetto internazionale di cartografia floristica dell’Europa Centrale (CFCE); ogni OGU viene esplorata sistematicamente nelle diverse stagioni e in tutte le tipologie ambientali. A luglio 2020 risultano raccolti quasi 60.000 dati, relativi a oltre 1.000 entità.

Numero di specie censite per OGU (luglio 2020)
Dictamnus albus e sua mappa distributiva

Per maggiori informazioni e per contribuire alla ricerca:

Giovanni Perico (mimmo.perico@gmail.com)

Germano Federici (germano.federici@gmail.com

Luca Mangili (luca.mangili @gmail.com)

01/01/1970
Censimento della flora vascolare del Parco dei Colli di Bergamo

CENSIMENTO DELLA FLORA VASCOLARE DEL PARCO DEI COLLI DI BERGAMO

Il Parco dei Colli di Bergamo occupa una superficie di circa 4.700 ettari nei comuni di Almè, Bergamo, Mozzo, Paladina, Ponteranica, Ranica, Sorisole, Torre Boldone, Valbrembo e Villa d’Almè. Il territorio interessato si estende da 244 e 1.146 m di quota e presenta una grande variabilità di ambienti, alternando aree urbane, superfici agricole con diversa destinazione, varie tipologie di boschi, praterie aride residuali, limitate zone umide ed anche discreti affioramenti rocciosi.

Bergamo, via Alle Case Moroni, antichi terrazzamenti abbandonati
Piana del Gres, prati e boschi lungo il torrente Quisa
Querceto lungo la ciclabile Ramera-Sombreno
Interessante area umida nella Piana del Gres

A breve distanza dalla città persiste una biodiversità sorprendente e per certi aspetti poco conosciuta (ufficialmente le specie botaniche presenti sono poco più di 400!) meritevole di un’indagine approfondita, anche perché l’espansione dell’edificato e l’abbandono di molti prati collinari e montani a vantaggio del bosco, nonché le differenti modalità del suo utilizzo rispetto al passato, causano in tempi più o meno rapidi profonde modificazioni ambientali che si riflettono inevitabilmente sulla presenza e la consistenza numerica delle specie vegetali.

Lembi di prateria arida al Canto Basso
Balze rocciose e boscaglie termofile sulla Valle del Giongo

La ricerca, avviata nel 2015, si propone più finalità: censire e mappare tutte le specie della flora vascolare (felci, gimnosperme, angiosperme) presenti nel parco; individuare le aree di maggior pregio ambientale e floristico, con particolare attenzione a quelle maggiormente a rischio; “fotografare” lo stato attuale della flora per consentire in futuro di documentare le modificazioni ambientali.

Orchis purpurea, specie nuova per il territorio del parco, ritrovata nel corso della ricerca

Il territorio del parco è stato suddiviso in 151 Unità Gegrafiche Operazionali (OGU) utilizzando una griglia a maglie di 20” in latitudine (circa 615 m) e 30” in longitudine (circa 650 m), congruenti con il reticolo adottato per il progetto internazionale di cartografia floristica dell’Europa Centrale (CFCE); ogni OGU viene esplorata sistematicamente nelle diverse stagioni e in tutte le tipologie ambientali. A luglio 2020 risultano raccolti quasi 60.000 dati, relativi a oltre 1.000 entità.

Numero di specie censite per OGU (luglio 2020)
Dictamnus albus e sua mappa distributiva

Per maggiori informazioni e per contribuire alla ricerca:

Giovanni Perico (mimmo.perico@gmail.com)

Germano Federici (germano.federici@gmail.com

Luca Mangili (luca.mangili @gmail.com)

Gentiana orbicularis Schur.

Gentiana orbicularis Schur.

Si tratta di una specie orofita Sud-Europea, i cui habitat d’elezione sono gli sfasciumi ed i suoli lungamente innevati da 2.000 a 3.000 m di quota, tipicamente su substrati calcareo-dolomitici. Nelle Alpi è presente su tutta la catena, dalle Marittime alle Giulie, ma sempre piuttosto rara nei settori periferici e con ampie lacune distributive. La prima segnalazione bergamasca (con il sinonimo di Gentiana verna L. var. Favrati Gremli) si deve a Emilio e Alcide Rodegher (1929) per l’altopiano di Selvino, località poco verosimile considerata la quota; alla sua origine c’è un campione raccolto nel 1914, conservato a Pavia nell’Erbario Rodegher, rivisto dal nostro socio Germano Federici come appartenente a Gentiana verna. Bisogna quindi attendere 61 anni per nuove segnalazioni, consistenti in dati d’osservazione tra il monte Spondone e il passo di Mezzeno (1990), sul crinale tra il monte Gleno ed il Pizzo Tre Confini (1990), lungo il Sentiero dei Fiori Claudio Brissoni (1993), al Monte Aralalta (1998) ed al Lago di Bondone (1999). Ad eccezione del Sentiero dei Fiori e dell’Aralalta, tutte le osservazioni si riferiscono a substrati silicei. Purtroppo, per nessuna di queste stazioni disponiamo di materiale iconografico, o di campioni d’erbario, ed essendo trascorsi ben 21 anni dall’ultima osservazione presunta, è indispensabile avere una conferma della presenza di questa specie in Bergamasca. La conferma si rende oltremodo necessaria in quanto G. orbicularis, soprattutto ad alta quota, è frequentemente oggetto di confusione con G. bavarica ssp. subacaulis, da cui si distingue per le foglie di taglia maggiore (> 1 cm) e con margine marcatamente papilloso.

Distribuzione alpina di Gentiana orbicularis. Immagine rielaborata da Flora Alpina (Aeschimann et Al., 2004)
riconoscimento

Dove cercarla?

I riferimenti a disposizione sono, in questo caso piuttosto precisi, pertanto il primo passo è una verifica delle osservazioni pregresse, in particolare il tratto di crinale tra il passo di Mezzeno ed il Monte Spondone, il Lago di Bondone, e, anche se difficilmente percorribile dai semplici escursionisti, ma proprio per questo poco indagato floristicamente, il crinale che collega il monte Gleno al Pizzo Tre Confini. Meno promettenti appaiono invece le indicazioni storiche per Selvino di Rodegher (quota molto bassa e il campione non conferma la segnalazione), l’indicazione per il monte Aralalta, che supera solo di pochi metri quota 2.000, oltretutto non confermata successivamente dall’autore (Cavadini, 2009); anche la segnalazione di Rieder per il Sentiero dei Fiori Claudio Brissoni, molto frequentato da floristi di tutta Europa, finora non è stata confermata. Il fatto che le segnalazioni più recenti collochino G. orbicularis su substrati prevalentemente silicei, contrariamente alla letteratura che le attribuisce una spiccata preferenza per quelli calcarei, non pare un indizio negativo; nelle aree di probabile osservazione sono presenti il Verrucano Lombardo e la Formazione di Collio, le cui rocce contengono piccole percentuali carbonatiche. Inoltre, mi è personalmente capitato di osservarla anche in aree totalmente prive di carbonati, come nei pressi del Passo Rombo (Alpi dell’Otzal, Tirolo). Per quanto riguarda le aree a substrato calcareo-dolomitico, stante la spiccata ipsofilia della specie, le ricerche dovrebbero concentrarsi nelle aree più elevate: Pegherolo, Cima di Menna, Arera, Ferrante, Presolana e gruppo del Cimone della Bagozza – Pizzo Camino. Infine, un’ultima avvertenza: se individuate piante che vi paiono essere Gentiana orbicularis, oltre a raccogliere eventualmente un campione, fotografate sempre le foglie e la rosetta basale: il solo fiore non è sufficiente per una corretta determinazione.

Gentiana orbicularis , Valle di Slingia, 01/07/2018

01/01/1970
Gentiana orbicularis Schur.

Gentiana orbicularis Schur.

Si tratta di una specie orofita Sud-Europea, i cui habitat d’elezione sono gli sfasciumi ed i suoli lungamente innevati da 2.000 a 3.000 m di quota, tipicamente su substrati calcareo-dolomitici. Nelle Alpi è presente su tutta la catena, dalle Marittime alle Giulie, ma sempre piuttosto rara nei settori periferici e con ampie lacune distributive. La prima segnalazione bergamasca (con il sinonimo di Gentiana verna L. var. Favrati Gremli) si deve a Emilio e Alcide Rodegher (1929) per l’altopiano di Selvino, località poco verosimile considerata la quota; alla sua origine c’è un campione raccolto nel 1914, conservato a Pavia nell’Erbario Rodegher, rivisto dal nostro socio Germano Federici come appartenente a Gentiana verna. Bisogna quindi attendere 61 anni per nuove segnalazioni, consistenti in dati d’osservazione tra il monte Spondone e il passo di Mezzeno (1990), sul crinale tra il monte Gleno ed il Pizzo Tre Confini (1990), lungo il Sentiero dei Fiori Claudio Brissoni (1993), al Monte Aralalta (1998) ed al Lago di Bondone (1999). Ad eccezione del Sentiero dei Fiori e dell’Aralalta, tutte le osservazioni si riferiscono a substrati silicei. Purtroppo, per nessuna di queste stazioni disponiamo di materiale iconografico, o di campioni d’erbario, ed essendo trascorsi ben 21 anni dall’ultima osservazione presunta, è indispensabile avere una conferma della presenza di questa specie in Bergamasca. La conferma si rende oltremodo necessaria in quanto G. orbicularis, soprattutto ad alta quota, è frequentemente oggetto di confusione con G. bavarica ssp. subacaulis, da cui si distingue per le foglie di taglia maggiore (> 1 cm) e con margine marcatamente papilloso.

Distribuzione alpina di Gentiana orbicularis. Immagine rielaborata da Flora Alpina (Aeschimann et Al., 2004)
riconoscimento

Dove cercarla?

I riferimenti a disposizione sono, in questo caso piuttosto precisi, pertanto il primo passo è una verifica delle osservazioni pregresse, in particolare il tratto di crinale tra il passo di Mezzeno ed il Monte Spondone, il Lago di Bondone, e, anche se difficilmente percorribile dai semplici escursionisti, ma proprio per questo poco indagato floristicamente, il crinale che collega il monte Gleno al Pizzo Tre Confini. Meno promettenti appaiono invece le indicazioni storiche per Selvino di Rodegher (quota molto bassa e il campione non conferma la segnalazione), l’indicazione per il monte Aralalta, che supera solo di pochi metri quota 2.000, oltretutto non confermata successivamente dall’autore (Cavadini, 2009); anche la segnalazione di Rieder per il Sentiero dei Fiori Claudio Brissoni, molto frequentato da floristi di tutta Europa, finora non è stata confermata. Il fatto che le segnalazioni più recenti collochino G. orbicularis su substrati prevalentemente silicei, contrariamente alla letteratura che le attribuisce una spiccata preferenza per quelli calcarei, non pare un indizio negativo; nelle aree di probabile osservazione sono presenti il Verrucano Lombardo e la Formazione di Collio, le cui rocce contengono piccole percentuali carbonatiche. Inoltre, mi è personalmente capitato di osservarla anche in aree totalmente prive di carbonati, come nei pressi del Passo Rombo (Alpi dell’Otzal, Tirolo). Per quanto riguarda le aree a substrato calcareo-dolomitico, stante la spiccata ipsofilia della specie, le ricerche dovrebbero concentrarsi nelle aree più elevate: Pegherolo, Cima di Menna, Arera, Ferrante, Presolana e gruppo del Cimone della Bagozza – Pizzo Camino. Infine, un’ultima avvertenza: se individuate piante che vi paiono essere Gentiana orbicularis, oltre a raccogliere eventualmente un campione, fotografate sempre le foglie e la rosetta basale: il solo fiore non è sufficiente per una corretta determinazione.

Gentiana orbicularis , Valle di Slingia, 01/07/2018

Androsace villosa L.

Androsace villosa L.

Specie orofita sud-europea, piuttosto variabile, include diverse sottospecie. Il suo areale, esteso, dai monti Cantabrici (Spagna), fino ai Carpazi, alla Turchia ed alla Russia centrale, include sia catene meridionali (Appennini) che entro-europee (Giura). Sulle Alpi presenta una caratteristica distribuzione disgiunta: si rinviene sull’arco alpino occidentale fino allo spartiacque tra Val di Susa e Val Chisone, “scompare” nelle Alpi Centrali, dalla destra idrografica della Val di Susa fino al Trentino, per poi “riapparire” sulle Alpi Orientali a partire dalle Dolomiti Venete.

Androsace villosa L. Distribuzione alpina. Immagine rielaborata da Flora Alpina (Aeschimann et Al., 2004)
Androsace villosa L. Fotografata presso Campo Imperatore (AQ), Appennino, Luglio 2017

E’ piuttosto semplice da riconoscere rispetto alle altre Androsace bergamasche ed alpine, in quanto presenta rosette fittemente ricoperte da lunghi peli. I fiori sono invece portati da peduncoli di 1-3 cm. In provincia di Bergamo questa specie è stata segnalata prima da Rota (1853), per i “monti Gavia e Ridorta” , successivamente indicata ancora da Rodegher e Venanzi (1894) genericamente per la “Val di Scalve”. Non mancano indicazioni anche per territori limitrofi, in particolare per le Grigne, dove Comolli (1824) la indica per il “Monte Codeno”. La specie non è più stata osservata da allora, nonostante le assidue ricerche si qui condotte dai soci del gruppo FAB. La sua presenza nel territorio bergamasco non è però impossibile, considerata la distribuzione alpina generale e la testimonianza di un campione presente nell’Erbario Rota, conservato presso l’Orto Botanico di Bergamo, proveniente dalla “Val di Scalve” che è stato confermato come appartenente ad Androsace villosa dal nostro socio Giovanni Perico.

Rota (1853), estratto del “Prospetto della Flora della Provincia di Bergamo”, dove è indicata la presenza di Androsace villosa L.

Dove cercarla? I riferimenti a disposizione sono purtroppo molto generici, e non aiutano in una ricerca “mirata”. A. villosa è specie che preferisce substrati calcareo-dolomitici, il cui habitat d’elezione sono le praterie sassose, coni detritici o roccette dei piani altitudinali subalpino ed alpino (dai 1.500 ai 2.500 m di quota). Il periodo di fioritura va da maggio a luglio, ma la specie è ben riconoscibile anche sfiorita, a causa della caratteristica villosità. Gli habitat adatti ad ospitarla non mancano in Bergamasca, dove – oltre agli affioramenti calcareo-dolomitici – non sono da escludersi nella ricerca anche le montagne caratterizzate da roccia silicea, in particolare dove affiora la Formazione di Collio che può contenere i carbonati congeniali a questa specie. Il “monte Ridorta” (= Monte Redorta, in alta Val Seriana), per esempio, indicato da Lorenzo Rota, è proprio costituito da rocce di questa formazione. In considerazione del non facile accesso del monte Redorta (elevato dislivello dalle località di partenza del fondovalle) è assai probabile che vi rimangano aree ancora inesplorate dal punto di vista botanico. Le aree circostanti il monte Redorta sono quindi delle buone candidate per chi volesse tentate di rintracciare Androsace villosa in bergamasca.

01/01/1970
Androsace villosa L.

Androsace villosa L.

Specie orofita sud-europea, piuttosto variabile, include diverse sottospecie. Il suo areale, esteso, dai monti Cantabrici (Spagna), fino ai Carpazi, alla Turchia ed alla Russia centrale, include sia catene meridionali (Appennini) che entro-europee (Giura). Sulle Alpi presenta una caratteristica distribuzione disgiunta: si rinviene sull’arco alpino occidentale fino allo spartiacque tra Val di Susa e Val Chisone, “scompare” nelle Alpi Centrali, dalla destra idrografica della Val di Susa fino al Trentino, per poi “riapparire” sulle Alpi Orientali a partire dalle Dolomiti Venete.

Androsace villosa L. Distribuzione alpina. Immagine rielaborata da Flora Alpina (Aeschimann et Al., 2004)
Androsace villosa L. Fotografata presso Campo Imperatore (AQ), Appennino, Luglio 2017

E’ piuttosto semplice da riconoscere rispetto alle altre Androsace bergamasche ed alpine, in quanto presenta rosette fittemente ricoperte da lunghi peli. I fiori sono invece portati da peduncoli di 1-3 cm. In provincia di Bergamo questa specie è stata segnalata prima da Rota (1853), per i “monti Gavia e Ridorta” , successivamente indicata ancora da Rodegher e Venanzi (1894) genericamente per la “Val di Scalve”. Non mancano indicazioni anche per territori limitrofi, in particolare per le Grigne, dove Comolli (1824) la indica per il “Monte Codeno”. La specie non è più stata osservata da allora, nonostante le assidue ricerche si qui condotte dai soci del gruppo FAB. La sua presenza nel territorio bergamasco non è però impossibile, considerata la distribuzione alpina generale e la testimonianza di un campione presente nell’Erbario Rota, conservato presso l’Orto Botanico di Bergamo, proveniente dalla “Val di Scalve” che è stato confermato come appartenente ad Androsace villosa dal nostro socio Giovanni Perico.

Rota (1853), estratto del “Prospetto della Flora della Provincia di Bergamo”, dove è indicata la presenza di Androsace villosa L.

Dove cercarla? I riferimenti a disposizione sono purtroppo molto generici, e non aiutano in una ricerca “mirata”. A. villosa è specie che preferisce substrati calcareo-dolomitici, il cui habitat d’elezione sono le praterie sassose, coni detritici o roccette dei piani altitudinali subalpino ed alpino (dai 1.500 ai 2.500 m di quota). Il periodo di fioritura va da maggio a luglio, ma la specie è ben riconoscibile anche sfiorita, a causa della caratteristica villosità. Gli habitat adatti ad ospitarla non mancano in Bergamasca, dove – oltre agli affioramenti calcareo-dolomitici – non sono da escludersi nella ricerca anche le montagne caratterizzate da roccia silicea, in particolare dove affiora la Formazione di Collio che può contenere i carbonati congeniali a questa specie. Il “monte Ridorta” (= Monte Redorta, in alta Val Seriana), per esempio, indicato da Lorenzo Rota, è proprio costituito da rocce di questa formazione. In considerazione del non facile accesso del monte Redorta (elevato dislivello dalle località di partenza del fondovalle) è assai probabile che vi rimangano aree ancora inesplorate dal punto di vista botanico. Le aree circostanti il monte Redorta sono quindi delle buone candidate per chi volesse tentate di rintracciare Androsace villosa in bergamasca.

Censimento della flora vascolare della Lombardia centro-orientale

CENSIMENTO DELLA FLORA VASCOLARE
DELLA LOMBARDIA CENTRO-ORIENTALE

Si tratta del progetto più impegnativo che ha coinvolto i ricercatori del FAB, con la finalità di censire tutte le entità floristiche vascolari (felci, gimnosperme ed angiosperme) presenti sul territorio bergamasco e mapparle secondo le modalità proprie della cartografia floristica dell’Europa Centrale (CFCE).
Il territorio provinciale è stato suddiviso in 105 quadranti misuranti all’incirca 6.5 x 5.5 km di lato (36 kmq), esplorati sistematicamente in oltre venti anni, annotando accuratamente le specie presenti in ognuno e confrontando i ritrovamenti con gli elenchi floristici del passato, constatando conferme, specie nuove e, purtroppo, registrando anche delle scomparse.
La ricerca, iniziata nel 1989, ha coinvolto numerosi rilevatori, dapprima concentrati solo su un gruppo ridotto di famiglie più “semplici” e di facile approccio, ma in seguito esteso a tutta la flora vascolare; nel 2001 si è fuso con l’analogo progetto in corso nella provincia di Brescia, uniformando metodi e criteri di rilevamento sul campo e provvedendo alla raccolta di esemplari di specie critiche e all’allestimento di un erbario, dapprima depositato presso la sede del FAB e oggi custodito presso l’Orto Botanico di Bergamo (sigla internazionale: BER).
Per la revisione dei gruppi critici (Alchemilla, Taraxacum, Rubus, Hieracium, Gentianella, Festuca…) sono stati contatatti specialisti italiani ed europei.
Durante la ricerca sono state inoltre individuate e descritte alcune entità nuove per la scienza, fra cui Alchemilla bonae (FRÖHNER, 2005), A. federiciana (FRÖHNER, 2005), A. martinii (FRÖHNER, 2012), Hieracium brevifolium Tausch subsp. lombardense (GOTTSCHLICH, 2006), H. insubricum (GOTTSCHLICH, 2006), Moehringia concarenae (FENAROLI & MARTINI, 1992), Campanula martinii (FENAROLI ET AL., 2013) e Viola culminis (FENAROLI & MORALDO, 2003).
Complessivamente sono stati raccolti oltre 600.000 dati (di osservazione, d’erbario e bibliografici), confluiti in un database appositamente sviluppato, in grado di elaborare con la maggior precisione possibile lo stato delle conoscenze floristiche acquisite nel tempo, restituendone una visione d’insieme complessiva che ha permesso di indirizzare la ricerca e produrre utili sintesi.
Supervisore scientifico del progetto è stato il prof. Fabrizio Martini, docente di Botanica Sistematica e Geobotanica presso l’Universtità degli Studi di Trieste. Nell’autunno 2012 ha infine visto la luce la FLORA VASCOLARE DELLA LOMBARDIA CENTRO ORIENTALE (MARTINI ET AL., 2012), in due volumi, il primo dedicato alla sintesi della ricerca e al repertorio critico della flora, il secondo all’atlante corologico, ovvero una raccolta di mappe distributive per ognuna delle specie censite, con l’indicazione dei quadranti di rinvenimento.
A quella data risultavano censiti 854 generi, 2.853 specie e 868 sottospecie. E’ bene comunque sottolineare la presenza di 189 generi che includono 508 specie appartenenti al contingente esotico, sempre più numeroso negli ultimi anni.
Il progetto di cartografia floristica continua tutt’ora, con il costante aggiornamento della mappe distributive e con ritrovamenti di specie nuove per il territorio provinciale, rare o non più segnalate dalle flore pregresse; chiunque può contribuire a questa ricerca segnalando le specie che osserva.

Dati storici per quadrante precedenti al 1968

La carta mostra la quantità e la distribuzione dei dati storici (biblografici e d’erbario) pubblicati per il territorio indagato. Complessivamente sono stati considerati 34.635 dati attribuibili senza ambiguità ad un quadrante, cioè solo una parte relativamente ridotta delle citazioni che compaiono nelle flore pregresse, spesso troppo generiche (“selve de’ monti”, Val Brembana, ecc.). La distribuzione dei dati rispecchia una disomogeneità evidente tra le aree planiziali e quelle montuose, dove si è maggiormente focalizzato l’interesse dei floristi; i pochi quadranti che superano le 400 specie corrispondono alle zone, per vari motivi, maggiormente indagate. Nella bergamasca queste coincidono con il territorio di Carenno (ora in provincia di Lecco), luogo natale di Lorenzo Rota, nonché con i dintorni di Adrara e Bergamo, dove risiedette a lungo ed esercitò la professione di medico; in pianura, l’elevato numero di specie censite a Romano si deve alla frequentazione assidua di Emilio Rodegher, che per alcuni anni insegnò in un istituto scolastico locale.

Numero di taxa (specie e sottospecie) per quadrante rilevati nel periodo 1992-2010

Rispetto alla carta precededente appare evidente che il numero complessivo delle segnalazioni è più che quintuplicato e riflette una maggiore uniformità dell’indagine, più aderente alle effettive potenzialità localmente espresse dalla flora. La metodologia utilizzata, consistente nel visitare con coerente assiduità ciascun quadrante, riduce fortemente la disomogeneità legata ai luoghi di residenza dei floristi. La pianura, dove gli ambienti naturali sono estremamente rari e circoscritti, si rivela la parte più povera, con valori mediamente superiori a 500, più elevati procedendo verso N e con un innalzamento sostanziale in corrispondenza delle aste fluviali, soprattutto nei magredi del Serio; l’ingresso nella regione montuosa corrisponde a un incremento della ricchezza floristica per quadrante, che sui rilievi retrostanti Bergamo supera i 1000 taxa e comunque si assesta su valori superiori a 800. L’elevarsi delle quote, l’irrigidimento del clima ed il cambiamento dei litosuoli dominanti influiscono negativamente sulla ricchezza floristica che, con poche eccezioni, subisce una netta flessione approssimandosi al crinale orobico. Sono attualmente presenti sul territorio indagato 3.025 taxa (il 77% comune alle due provincie di BG e BS), dei quali 194 rinvenuti per la prima volta nel corso sella ricerca; sono però 385 le specie segnalate storicamente che non hanno trovato conferma.

Distribuzione delle specie stenoendemiche

Gli stenoendemiti sono specie con una distribuzione estremamente circoscritta, quelle che maggiormente connotano un territorio dal punto di vista fitogeografico. Come ben evidenzia la carta, si concentrano principalmente sui rilievi carbonatici, soprattutto in corrispondenza degli affioramenti prealpini del Calcare di Esino, mentre eludono la porzione settentrionale silicea; oltre alla spiccata preferenza per un particolare substrato litologico, la loro presenza è strettamente legata ai trascorsi storici del territorio, in particolare al minor impatto delle glaciazioni pleistoceniche sulle Prealpi Bergamasche.

Numero di taxa (specie e sottospecie) esotiche per rinvenute nei quadranti

La componente di specie esotiche rispetto alla flora spontanea del territorio è in costante aumento, in particolare nelle aree planiziali e collinari dove più facilmente si manifesta l’invasività dell’azione umana, e può essere assunta quale valore di contaminazione ambientale. Attualmente le specie esotiche rappresentano il 23.3 % del totale, si cui circa il 6% archeofite (introdotte in epoca antica e ormai considerate alla stregua di elementi naturalizzati) e il 17.3 % neofite (giunte sul territorio dopo il 1492).

Esempio di cartina di distribuzione di una specie

Sulla cartina sono indicati i quadranti in cui è stata segnalata Linaria tonzigii.

01/01/1970
Censimento della flora vascolare della Lombardia centro-orientale

CENSIMENTO DELLA FLORA VASCOLARE
DELLA LOMBARDIA CENTRO-ORIENTALE

Si tratta del progetto più impegnativo che ha coinvolto i ricercatori del FAB, con la finalità di censire tutte le entità floristiche vascolari (felci, gimnosperme ed angiosperme) presenti sul territorio bergamasco e mapparle secondo le modalità proprie della cartografia floristica dell’Europa Centrale (CFCE).
Il territorio provinciale è stato suddiviso in 105 quadranti misuranti all’incirca 6.5 x 5.5 km di lato (36 kmq), esplorati sistematicamente in oltre venti anni, annotando accuratamente le specie presenti in ognuno e confrontando i ritrovamenti con gli elenchi floristici del passato, constatando conferme, specie nuove e, purtroppo, registrando anche delle scomparse.
La ricerca, iniziata nel 1989, ha coinvolto numerosi rilevatori, dapprima concentrati solo su un gruppo ridotto di famiglie più “semplici” e di facile approccio, ma in seguito esteso a tutta la flora vascolare; nel 2001 si è fuso con l’analogo progetto in corso nella provincia di Brescia, uniformando metodi e criteri di rilevamento sul campo e provvedendo alla raccolta di esemplari di specie critiche e all’allestimento di un erbario, dapprima depositato presso la sede del FAB e oggi custodito presso l’Orto Botanico di Bergamo (sigla internazionale: BER).
Per la revisione dei gruppi critici (Alchemilla, Taraxacum, Rubus, Hieracium, Gentianella, Festuca…) sono stati contatatti specialisti italiani ed europei.
Durante la ricerca sono state inoltre individuate e descritte alcune entità nuove per la scienza, fra cui Alchemilla bonae (FRÖHNER, 2005), A. federiciana (FRÖHNER, 2005), A. martinii (FRÖHNER, 2012), Hieracium brevifolium Tausch subsp. lombardense (GOTTSCHLICH, 2006), H. insubricum (GOTTSCHLICH, 2006), Moehringia concarenae (FENAROLI & MARTINI, 1992), Campanula martinii (FENAROLI ET AL., 2013) e Viola culminis (FENAROLI & MORALDO, 2003).
Complessivamente sono stati raccolti oltre 600.000 dati (di osservazione, d’erbario e bibliografici), confluiti in un database appositamente sviluppato, in grado di elaborare con la maggior precisione possibile lo stato delle conoscenze floristiche acquisite nel tempo, restituendone una visione d’insieme complessiva che ha permesso di indirizzare la ricerca e produrre utili sintesi.
Supervisore scientifico del progetto è stato il prof. Fabrizio Martini, docente di Botanica Sistematica e Geobotanica presso l’Universtità degli Studi di Trieste. Nell’autunno 2012 ha infine visto la luce la FLORA VASCOLARE DELLA LOMBARDIA CENTRO ORIENTALE (MARTINI ET AL., 2012), in due volumi, il primo dedicato alla sintesi della ricerca e al repertorio critico della flora, il secondo all’atlante corologico, ovvero una raccolta di mappe distributive per ognuna delle specie censite, con l’indicazione dei quadranti di rinvenimento.
A quella data risultavano censiti 854 generi, 2.853 specie e 868 sottospecie. E’ bene comunque sottolineare la presenza di 189 generi che includono 508 specie appartenenti al contingente esotico, sempre più numeroso negli ultimi anni.
Il progetto di cartografia floristica continua tutt’ora, con il costante aggiornamento della mappe distributive e con ritrovamenti di specie nuove per il territorio provinciale, rare o non più segnalate dalle flore pregresse; chiunque può contribuire a questa ricerca segnalando le specie che osserva.

Dati storici per quadrante precedenti al 1968

La carta mostra la quantità e la distribuzione dei dati storici (biblografici e d’erbario) pubblicati per il territorio indagato. Complessivamente sono stati considerati 34.635 dati attribuibili senza ambiguità ad un quadrante, cioè solo una parte relativamente ridotta delle citazioni che compaiono nelle flore pregresse, spesso troppo generiche (“selve de’ monti”, Val Brembana, ecc.). La distribuzione dei dati rispecchia una disomogeneità evidente tra le aree planiziali e quelle montuose, dove si è maggiormente focalizzato l’interesse dei floristi; i pochi quadranti che superano le 400 specie corrispondono alle zone, per vari motivi, maggiormente indagate. Nella bergamasca queste coincidono con il territorio di Carenno (ora in provincia di Lecco), luogo natale di Lorenzo Rota, nonché con i dintorni di Adrara e Bergamo, dove risiedette a lungo ed esercitò la professione di medico; in pianura, l’elevato numero di specie censite a Romano si deve alla frequentazione assidua di Emilio Rodegher, che per alcuni anni insegnò in un istituto scolastico locale.

Numero di taxa (specie e sottospecie) per quadrante rilevati nel periodo 1992-2010

Rispetto alla carta precededente appare evidente che il numero complessivo delle segnalazioni è più che quintuplicato e riflette una maggiore uniformità dell’indagine, più aderente alle effettive potenzialità localmente espresse dalla flora. La metodologia utilizzata, consistente nel visitare con coerente assiduità ciascun quadrante, riduce fortemente la disomogeneità legata ai luoghi di residenza dei floristi. La pianura, dove gli ambienti naturali sono estremamente rari e circoscritti, si rivela la parte più povera, con valori mediamente superiori a 500, più elevati procedendo verso N e con un innalzamento sostanziale in corrispondenza delle aste fluviali, soprattutto nei magredi del Serio; l’ingresso nella regione montuosa corrisponde a un incremento della ricchezza floristica per quadrante, che sui rilievi retrostanti Bergamo supera i 1000 taxa e comunque si assesta su valori superiori a 800. L’elevarsi delle quote, l’irrigidimento del clima ed il cambiamento dei litosuoli dominanti influiscono negativamente sulla ricchezza floristica che, con poche eccezioni, subisce una netta flessione approssimandosi al crinale orobico. Sono attualmente presenti sul territorio indagato 3.025 taxa (il 77% comune alle due provincie di BG e BS), dei quali 194 rinvenuti per la prima volta nel corso sella ricerca; sono però 385 le specie segnalate storicamente che non hanno trovato conferma.

Distribuzione delle specie stenoendemiche

Gli stenoendemiti sono specie con una distribuzione estremamente circoscritta, quelle che maggiormente connotano un territorio dal punto di vista fitogeografico. Come ben evidenzia la carta, si concentrano principalmente sui rilievi carbonatici, soprattutto in corrispondenza degli affioramenti prealpini del Calcare di Esino, mentre eludono la porzione settentrionale silicea; oltre alla spiccata preferenza per un particolare substrato litologico, la loro presenza è strettamente legata ai trascorsi storici del territorio, in particolare al minor impatto delle glaciazioni pleistoceniche sulle Prealpi Bergamasche.

Numero di taxa (specie e sottospecie) esotiche per rinvenute nei quadranti

La componente di specie esotiche rispetto alla flora spontanea del territorio è in costante aumento, in particolare nelle aree planiziali e collinari dove più facilmente si manifesta l’invasività dell’azione umana, e può essere assunta quale valore di contaminazione ambientale. Attualmente le specie esotiche rappresentano il 23.3 % del totale, si cui circa il 6% archeofite (introdotte in epoca antica e ormai considerate alla stregua di elementi naturalizzati) e il 17.3 % neofite (giunte sul territorio dopo il 1492).

Esempio di cartina di distribuzione di una specie

Sulla cartina sono indicati i quadranti in cui è stata segnalata Linaria tonzigii.